

Disturbi del sonno negli adulti
I disturbi del sonno negli adulti sono rappresentati da insoddisfazione sulla qualità, la durata e la collocazione temporale del sonno. Spesso ci si sveglia già stanchi, con la percezione di aver dormito male e questo genera stress e può compromettere la riuscita delle attività quotidiane. Se il problema riguarda una notte ogni tanto non ci si preoccupa troppo, ma se il disturbo del sonno è presente per diversi giorni a settimana può diventare difficile riuscire a gestire la stanchezza.
In questo articolo cercheremo di informarvi sui principali disturbi del sonno negli adulti, spiegando le cause, le conseguenze, le possibili soluzioni e fornendo dei dati per capire quando sia necessario contattare uno specialista.
Classificazione dei disturbi del sonno negli adulti
Il DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition) classifica i disturbi del sonno negli adulti dividendoli in 10 sottocategorie:
- insonnia
- ipersonnolenza
- narcolessia
- correlati alla respirazione
- disturbi circadiani del ritmo sonno-veglia
- arousal del sonno non-REM
- incubi
- disturbo comportamentale del sonno REM
- sindrome delle gambe senza riposo
- indotto da sostanze/farmaci
Tra questi disturbi alcuni sono molto frequenti e altri, fortunatamente, interessano una piccolissima parte della popolazione. Andiamo dunque a vedere i disturbi del sonno negli adulti che si presentano con maggiore frequenza.
Disturbo da insonnia
Tra i disturbi del sonno negli adulti, l’insonnia è sicuramente quello più diffuso. Possiamo distinguere l’insonnia primaria e quella secondaria. In quest’ultima il disturbo del sonno è causato da un’altra condizione sottostante (altro disturbo del sonno, disturbo medico/psichiatrico, abuso di sostanze) ed è considerata come un sintomo più che un disturbo. L’insonnia primaria è invece un disturbo indipendente da altre condizioni, che a sua volta può causare altre difficoltà (altri disturbi del sonno, disordini psicologici).
Le insonnie primarie vengono divise in cinque sottocategorie dalla ICSD (International Classification of Sleep Disorders): disturbo di insonnia da adattamento, insonnia psicofisiologica, insonnia soggettiva, insonnia da inadeguata igiene del sonno, insonnia idiopatica.
Per ulteriori approfondimenti rimandiamo alla pagina della International Classification of Sleep Disorders.
Recenti studi dimostrano che un terzo degli adulti mostra sintomi di insonnia.
L’insonnia, per essere diagnosticata, deve causare insoddisfazione riguardo la quantità o la qualità del sonno, causare disagio in ambito sociale, lavorativo/scolastico, comportamentale ed essere associata ad almeno uno dei seguenti sintomi:
- difficoltà a iniziare il sonno (più di 30 minuti)
- mantenere il sonno con difficoltà, con frequenti risvegli o problemi a riprendere sonno dopo essersi svegliati (veglia intranotturna superiore a 30 minuti)
- risveglio precoce al mattino (fortemente anticipato rispetto all’orario programmato) con difficoltà a riaddormentarsi
Per diagnosticare l’insonnia è necessario che il disturbo del sonno sia presente almeno tre volte a settimana e duri per almeno tre mesi, nonostante adeguate condizioni per dormire (assenza di rumori disturbanti, stanza buia, letto adeguato).
Le cause dell’insonnia
Il genere femminile e l’invecchiamento sono associati a maggiore vulnerabilità all’insonnia. Le donne infatti sono più soggette degli uomini ad andare incontro a disturbi da insonnia e allo stesso modo con l’aumento dell’età si è più soggetti a rischio di disturbi del sonno.
Tra le cause principali dei disturbi del sonno negli adulti troviamo eventi importanti della vita (malattia, separazione, lutto), ma anche lo stress quotidiano continuo. Nella maggior parte delle persone le difficoltà di sonno rientrano nel giro di qualche giorno, mentre per altri si mantengono persistenti.
Alcuni studi hanno mostrato una componente genetica importante per lo sviluppo di alcuni tipi di insonnia, così come la presenza di iperattivazione del sistema nervoso in molti individui con sintomi di insonnia. Questo può spiegare una predisposizione biologica ai disturbi del sonno negli adulti, ma altri fattori sono altrettanto importanti e possono essere modificati. Le cattive abitudini di sonno (andare a letto in orari non adeguati/assumere sostanze eccitanti/passare a letto molto tempo durante il giorno/temperatura troppo alta o troppo bassa della camera da letto), l’irregolarità negli orari di sonno (cambiare orario di addormentamento ogni giorno) e la paura di non riuscire a dormire (per precedenti esperienze negative) possono causare dei circoli viziosi che possono generare un’insonnia persistente.
Le conseguenze dell’insonnia
La prima conseguenza dell’insonnia è la presenza costante di sonno durante la giornata.
Secondo la ICSD (International Classification of Sleep Disorders) le principali conseguenze diurne negative dell’insonnia sono affaticamento, malessere e disturbi di attenzione, concentrazione e memoria. Sono frequenti difficoltà sociali/relazionali o di prestazione (scolastica/lavorativa), irritabilità e sonnolenza diurna, maggiore propensione a commettere errori (sul lavoro o alla guida) e mal di testa.
Le possibili soluzioni all’insonnia
E’ possibile apportare delle piccole modifiche alle proprie abitudini, in modo da semplificare il naturale momento dell’addormentamento e da facilitare il mantenimento del sonno notturno. Per prima cosa bisognerebbe evitare di assumere sostanze eccitanti prima di andare a letto, come alcol, caffeina, farmaci che possono causare insonnia, tabacco o attività sportiva (nelle 2 ore precedenti). In secondo luogo bisognerebbe evitare i sonnellini diurni, in modo da arrivare all’addormentamento stanchi, e non modificare troppo (+/- 2h) l’orario in cui si va a letto. Non bisognerebbe mai associare il letto ad attività diverse dal sonno, come mangiare, studiare o lavorare sul letto. Questo permette al cervello di associare il letto al sonno e a nient’altro, facilitando il rilassamento necessario a prendere sonno. La camera da letto dovrebbe -idealmente- contenere solo il letto, in modo da non essere distratti o attratti da altri elementi che possono disturbare il sonno.
Quando contattare il medico
Quando il disturbo del sonno è presente almeno tre volte a settimana e dura per almeno tre mesi, nonostante adeguate condizioni per dormire, è consigliato rivolgersi a uno specialista per valutare una terapia. Ci teniamo a ricordare che quella farmacologica non è l’unica soluzione possibile per risolvere problemi di insonnia, ma anche terapie cognitivo-comportamentali sono in grado di migliorare e risolvere sintomi da insonnia.
Disturbo da ipersonnolenza
Per ipersonnolenza si intende un sonno eccessivo durante il giorno, nonostante almeno 7 ore di sonno consecutivo, con almeno uno dei seguenti sintomi:
- momenti ricorrenti di sonno nel corso della giornata
- 9 ore consecutive di sonno non riposante
- difficoltà a stare svegli dopo un risveglio improvviso
Le persone con questo disturbo del sonno hanno facilità nell’addormentamento e nel mantenimento del sonno notturno, ma faticano a risvegliarsi la mattina, mostrando segni di confusione o di incapacità di movimento. Questi sintomi possono essere presenti anche dopo il risveglio da un sonnellino pomeridiano. L’eccessiva quantità di sonno può essere rappresentata da un sonno notturno molto lungo (superiore alle nove ore per notte) o da diversi sonnellini diurni involontari, che sono vissuti come non ristoratori.
E’ importante sottolineare la differenza tra ipersonnolenza e “lunghi dormitori”, per non causare confusione. Nel primo caso la persona si sveglia con tanta fatica dopo molte ore di sonno (almeno nove) e si sente come se non avesse dormito, facendo fatica ad affrontare la giornata e a non addormentarsi. Nel caso dei “lunghi dormitori” il sonno, seppur più lungo rispetto alla media, risulta riposante e non sentono la necessità di dormire ulteriormente durante il giorno.
Per approfondire le ipersonnie, rinviamo alla ICSD, nella quale vengono trattati nove sottotipi di “ipersonnie di origine centrale”.
Le cause dell’ipersonnolenza
L’ipersonnolenza colpisce indifferentemente uomini e donne e si stima che circa 1% della popolazione europea e statunitense ne è colpita. Questo disturbo del sonno si manifesta generalmente nella tarda adolescenza o nella prima età adulta (17/24 anni), ma viene riconosciuto spesso molti anni dopo la comparsa dei primi sintomi.
L’uso abituale di alcol e la presenza del disturbo in famiglia possono aumentare i rischi dell’insorgenza dell’ipersonnolenza.
Le conseguenze dell’ipersonnolenza
Le conseguenze principali di questo disturbo del sonno riguardano la concentrazione, la memoria e l’efficienza nell’arco della giornata. Non ricevendo ristoro dal sonno, le persone colpite da ipersonnolenza hanno un grado di vigilanza ridotto che può causare notevoli disagi nel lavoro e nelle relazioni interpersonali. L’uso di veicoli o di macchinari può risultare molto pericoloso, a causa dell’imprevedibilità nell’insorgenza dei sonnellini.
Le possibili soluzioni all’ipersonnolenza
Il trattamento dei sintomi dell’ipersonnolenza può risultare complesso, pertanto vi invitiamo a rivedere i comportamenti legati all’igiene del sonno e nel caso il disturbo dovesse presentarsi in modo persistente a contattare uno specialista per migliorare la qualità della vita.
Quando contattare il medico
Se l’ipersonnolenza è presente almeno tre volte alla settimana per tre mesi è necessario consultare un professionista per valutare la terapia più adeguata alla risoluzione del problema.
Disturbi dell’arousal del sonno non-REM
I disturbi dell’arousal del sonno non-REM fanno parte delle parasonnie, “disturbi caratterizzati da esperienze e comportamenti anomali o da eventi fisiologici che si verificano in associazione al sonno, a specifici stadi del sonno o nei passaggi sonno-veglia” (DSM -5, 2014). I più comuni episodi si manifestano attraverso il sonnambulismo e i terrori notturni.
Questo disturbo è caratterizzato dal continuo verificarsi di risvegli incompleti nella prima parte della notte, con una durata che varia da pochi minuti a un’ora. Gli occhi sono generalmente aperti ma la persona sta dormendo e la mattina successiva non avrà ricordi di quanto accaduto.
Sonnambulismo
Gli episodi di sonnambulismo consistono in comportamenti motori più o meno complessi: dal mettersi seduto sul letto all’alzarsi e passeggiare per casa, dall’aprire il frigo e mangiare all’andare in bagno, dal camminare lentamente al correre e uscire di casa. Durante l’infanzia fino al 30% dei bambini ha avuto un episodio di sonnambulismo, mentre per gli adulti la percentuale è del 7%.
Terrori notturni
Gli episodi di terrore notturno consistono nel ripetersi di stati di panico mentre si dorme, che hanno una durata media di pochi minuti ma possono durare anche molto di più, soprattutto nei bambini. Durante gli episodi di terrore notturno la persona sperimenta una paura opprimente, un terrore angosciante, che spesso genera una fuga. Questa parasonnia spesso si manifesta durante l’infanzia, con una prevalenza del 36.9% nei bambini di 18 mesi, del 19.7% nei bambini di 30 mesi e del 2.2% negli adulti.
Le cause
Fattori genetici sono presenti in entrambi i disturbi dell’arousal del sonno non-REM. Circa l’80% delle persone con sonnambulismo ha una storia familiare di sonnambulismo o terrori notturni.
La deprivazione di sonno, le alterazioni del ritmo sonno-veglia e lo stress possono aumentare la frequenza degli episodi, così come stati di malessere e febbre.
Le conseguenze
A volte gli episodi di sonnambulismo possono creare imbarazzo negli adulti, tanto da comprometterne le relazioni sociali. Gli episodi di terrore notturno raramente vengono ricordati, quindi non causano in genere conseguenze negative.
Le possibili soluzioni
Raramente gli episodi di arousal del sonno non-REM arrivano a richiedere un intervento risolutivo. Nella maggior parte dei casi le persone non si rendono conto di avere questi episodi e quindi non pensano di dover intervenire per risolverli.
Nel caso in cui parenti o conviventi descrivessero la presenza continuativa di questi episodi è bene rivolgersi al proprio medico.
Disturbo da incubi
Gli incubi si manifestano a partire dai 12 mesi circa e per tutta l’età adulta. Compaiono tipicamente nella seconda metà della notte e appaiono come storie realistiche e spaventose, che inducono ansia e paura. Durante il sonno REM, specialmente nella seconda metà della notte, l’attività onirica è particolarmente intensa. Al risveglio le persone sono perfettamente in grado di ricordare il contenuto dell’incubo, descrivendone ogni dettaglio. Generalmente gli incubi terminano con il risveglio, ma in alcuni casi lo stato di agitazione può rimanere per più tempo, ostacolando il riaddormentamento.
Le cause
Gli incubi si presentano maggiormente a partire dall’adolescenza e per tutta la prima età adulta. Evidenze scientifiche dimostrano che gli incubi sono maggiormente presenti in bambini esposti a fattori di stress, dimostrando come la mancanza di serenità e tranquillità possa incidere sulla comparsa di questi episodi.
L’alterazione del sonno e gli orari irregolari del ritmo sonno-veglia, che modificano tempo, intensità e quantità del sonno REM, possono facilitare lo sviluppo di incubi.
Le conseguenze
In caso di incubi frequenti non trattati, questi possono divenire cronici, continuando a presentarsi molto spesso. E’ importante affrontare le cause degli episodi di incubo e intervenire per risolverle. Il sonno delle persone che manifestano incubi è spesso compromesso a causa del numero di risvegli notturni e della minore quantità di sonno profondo, causando la sensazione di un sonno non ristoratore al mattino.
In alcuni casi le persone possono arrivare a non voler dormire per paura di avere incubi. In queste situazioni possono verificarsi sonnolenza diurna, scarsa concentrazione e memoria, a causa della deprivazione di sonno.
Le possibili soluzioni
Le persone conviventi possono alleviare chi soffre di incubi parlando in modo rassicurante per calmare. E’ utile condividere il contenuto degli incubi (sia per i bambini che per gli adulti), perchè si aiuta l’elaborazione del proprio vissuto.
Sindrome delle gambe senza riposo
La sindrome delle gambe senza riposo (RLS) si presenta come un bisogno di muovere frequentemente le gambe (o le braccia) nel tentativo di alleviare sensazioni spiacevoli alle gambe (o alle braccia). I sintomi generalmente peggiorano la sera e la notte, andando a ostacolare una buona qualità del sonno. Le sensazioni di fastidio spesso causano infatti una difficoltà ad addormentarsi, possono causare frequenti risvegli notturni e di solito comportano una cattiva qualità del sonno.
Le cause
Il genere femminile, l’età avanzata e una storia familiare con casi di RLS sono fattori predisponenti per lo sviluppo del disturbo.
Durante la gravidanza il rischio di sviluppare sintomi di RLS è due/tre volte superiore rispetto alla media delle donne, raggiungendo il picco nel terzo trimestre e sparendo nella maggior parte dei casi dopo il parto.
Le conseguenze
Le principali conseguenze della sindrome delle gambe senza riposo riguardano l’umore e le energie, a causa dei notevoli disturbi del sonno. La riduzione del tempo di sonno e la sua frammentazione possono portare a una compromissione della qualità della vita, andando a incidere sulle relazioni affettive, sociali e professionali.
Le possibili soluzioni
Si consiglia di contattare un medico o un professionista del settore, nel caso in cui il disturbo diventasse causa di disagio.